Troppi casi di Leishmaniosi si stanno registrando in regioni in cui la malattia era stata debellata. Complice il fenomeno delle “staffette”, che fa muovere nel Paese (da Sud a Nord) cani infetti, sono stati segnalati anche casi di contagio dell’uomo.
Sensibilizzare i medici veterinari sull’importanza di trattare i cani con un prodotto repellente e allo stesso tempo insetticida, per ridurre il rischio di Leishmaniosi, soprattutto in seguito ai casi riscontrati sui cani e, seppur raramente, nell’uomo. È l’obiettivo dell’incontro scientifico “Emergenza Leishmaniosi, pericolo per cani e proprietari” organizzato da Boehringer Ingelheim Animal Health con il patrocinio dell’Ordine dei Medici Veterinari della città di Parma.§
L’estate e il caldo sono sinonimo di gite all’aria aperta, ma rappresentano anche il periodo dell’anno (maggio-ottobre) in cui proliferano fastidiosi parassiti come i pappataci o flebotomi. Piccoli insetti simili alle zanzare di 2-4 mm che, nutrendosi con il sangue del cane, trasmettono o si fanno vettori di diverse malattie. La più pericolosa è la Leishmaniosi, fatale per l’animale nella maggior parte dei casi, soprattutto a causa dell’interessamento degli organi interni.
Una patologia frequente nel sud Europa, con una prevalenza pari al 75%. In Italia è diffusa in Liguria, in tutte le regioni del Centro-Sud e nelle isole. Recenti indagini epidemiologiche, però, hanno evidenziato focolai anche al Nord, in aree precedentemente considerate indenni come le zone collinari di Piemonte, Lombardia, Veneto e Emilia-Romagna.
“La prevalenza media di leishmaniosi nel cane negli ultimi cinque anni si attesta intorno all’1-2% – spiega il dottor Mauro Cavalca, direttore del Servizio Sanità Animale AUSL Parma – Dai dati emerge un allarme soprattutto per l’uomo. La diffusione del vettore, a causa anche del cambiamento climatico che ne favorisce lo sviluppo, fa sì che si possa considerare endemica buona parte dell’Italia. Un aspetto importante da non sottovalutare. La malattia nel cane non è guaribile ma può essere tenuta sotto controllo con terapie specifiche”.
Nell’uomo si manifesta in modalità più leggera che nel cane ma, in assenza di terapia, può diventare grave nei bambini, negli anziani e nei soggetti immunodepressi.
“L’interesse per questa malattia si è sviluppato soprattutto negli ultimi anni in seguito all’aumento, a partire dal 2013, dei casi di leishmaniosi viscerale e cutanea nell’uomo in Emilia-Romagna – ha commentato la dottoressa Bianca Borrini, servizio Igiene Epidemiologia e Sanità Pubblica, AUSL Parma – La causa è in parte da ricondurre al vettore, il flebotomo, che a causa delle condizioni climatiche, si è diffuso maggiormente in alcune zone della regione. Già dal 2009 era stato istituito un sistema di sorveglianza regionale dedicato, ma dal 2014 è nato anche il Laboratorio di Riferimento per le diagnosi molecolari e sierologiche umane, che ha permesso di affinare le capacità diagnostiche, sensibilizzando sempre di più i clinici sulla malattia. È necessaria una diagnosi precoce e specifica nell’uomo; la leishmaniosi cutanea, infatti, può guarire da sola, mentre quella viscerale, che coinvolge gli organi interni, può portare complicanze important”».
Un focolaio quello emiliano da non sottovalutare e da gestire urgentemente con azioni di mappatura della malattia e di prevenzione sui soggetti sani. In tal senso, è sempre più importante il ruolo del veterinario per indurre i proprietari dei cani ad utilizzare prodotti idonei, così da ridurre la trasmissione del parassita.
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