Legambiente presenta “Animali in città” – IV Rapporto nazionale sui servizi e le attività dei Comuni capoluogo di provincia e delle Aziende sanitarie locali per gli amici a quattrozampe.
Per conoscere la situazione delle politiche per la gestione e il benessere degli animali in Italia, Legambiente, per il quarto anno consecutivo, ha sottoposto uno specifico questionario a tutte le Amministrazioni dei comuni capoluogo di provincia e alle Aziende sanitarie locali italiane. Se l’anno scorso ne era emerso un quadro per nulla pet-friendly, quantomeno ora si vede che la corretta gestione degli abitanti a quattrozampe per alcuni comuni è diventata (finalmente) una priorità.
Dalle risposte ottenute emerge che il 90% dei Comuni capoluogo ha attivato l’assessorato e/o l’ufficio appositamente dedicato al settore, mentre l’82% delle Aziende sanitarie locali ha dichiarato di avere almeno il canile sanitario e/o l’ufficio di igiene urbana veterinaria (in due casi anche l’ospedale veterinario) appositamente dedicati.
Nonostante ciò, sono pochissimi gli enti in grado di assicurare servizi di qualità agli amici a quattro e due zampe e corrette informazioni ai cittadini che se ne prendono cura: solo il 35% delle città del campione raggiunge un punteggio sufficiente (30 punti su 100), il 3,5 % (Modena, Ferrara e Verona) raggiunge una performance buona e il 2,5% ottiene una performance ottima (Terni e Prato), mentre il restante 59% raccoglie punteggi decisamente insufficienti.
Tra le Aziende sanitarie (novità di questa edizione), raggiungono una performance sufficiente 22 aziende su 74, pari al 30% del campione, mentre hanno una performance buona, ossia almeno 40 punti su 100, 13 aziende sanitarie (Asur 3 Macerata, Asur 1, Avezzano-Sulmona-L’Aquila, Firenze, Brescia, Asti, Roma G, Mantova, Milano, Ausl Umbria 2, Como, Bergamo, Lecco), pari al 17,5% del campione. Solo una, Napoli 1 Centro, supera i 50 punti su 100 raggiungendo una performance ottima.
Dall’analisi dei dati ricevuti, infatti, emergono grandi differenze tra una città e l’altra e tra le aziende sanitarie delle diverse regioni.
La gran parte degli attuali costi è dovuta proprio alla gestione dei cani presso i canili rifugio, strutture indispensabili per il modello attuale, ma oggettivamente fallimentari rispetto ad obiettivi credibili tanto di benessere animale che di contenimento dei costi a carico delle pubbliche amministrazioni. Nello specifico, i Comuni dichiarano di spendere oltre l’80% del bilancio destinato al settore per i canili. Preoccupa il fatto che solo due terzi dei Comuni dichiari di sapere quante e quali siano le strutture autorizzate (77,6%).
Altro tema scottante e sul quale è urgente intervenire con controlli e sanzioni è quello dell’anagrafe canina, unica anagrafe animale ad oggi obbligatoria per gli animali in città, di competenza delle Aziende sanitarie locali, eccezion fatta per le regioni Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia: dall’indagine è emerso che solo il 68,2% dei Comuni dichiara di conoscere il numero complessivo dei cani iscritti nella anagrafe del proprio territorio.
I cani vaganti, siano essi padronali o randagi, coincidono con il principale elemento di conflittualità e sofferenza nell’ambito degli animali d’affezione ed il più significativo costo economico a carico della collettività: in media, nei Comuni capoluogo nel 2013, ogni 4 cani catturati 3 hanno trovato felice soluzione tra restituiti ai proprietari, dati in adozione e/o reimmessi come cani liberi controllati, ma anche in questo caso i dati di dettaglio mostrano situazioni molto differenti che spaziano tra il caso peggiori registrati a Catanzaro, dove trova una soluzione positiva meno di un cane ogni 11 catturati o ad Avellino (un cane ogni 8 catturati) e l’eccellenza di Verbania, seguita da Udine e poi da Pistoia.
Ma chi tutela gli animali e interviene in caso di necessità? Il 74% dei Comuni dichiara di avere un nucleo di Polizia municipale destinato ad effettuare specifici controlli e ben il 60% dichiara di aver dotato il proprio personale di lettore microchip necessario per leggere la “targa” del cane. Quasi tutte le Aziende sanitarie locali dichiarano di intervenire per il rispetto delle regole e il contrasto del maltrattamento degli animali (89%) e praticamente tutte dichiarano di aver fornito di lettori microchip il proprio personale.
Una buona qualità della vita degli amici animali non può prescindere dalla presenza di spazi dedicati. Il 50,5% dei Comuni ha dichiarato di avere spazi aperti dedicati agli animali d’affezione, ma anche in questo caso i dati di dettaglio mostrano una realtà assai differenziata tra i due estremi rappresentati da Napoli, dove risulta un’area dedicata ogni 191.914 cittadini e una distribuzione spaziale ogni 23,4 kmq, e Siena dove risulta un’area dedicata ogni 3.636 cittadini e una distribuzione spaziale ogni 7,9 kmq.
Per una civile convivenza, molto importante è il rispetto e l’adozione di regole mirate: il 90% dei Comuni capoluogo dichiara di avere un regolamento per la corretta detenzione degli animali in città; l’accesso ai locali pubblici e negli uffici è regolamentato in 2 Comuni su 3 (nel 62,3% dei casi). Per la fruizione delle coste, tra i 35 Comuni capoluogo costieri che hanno risposto al questionario solo il 28,5% ha adottato un regolamento per l’accesso degli animali.
Pochi anche i Comuni capoluogo che hanno adottato un regolamento per facilitare inumazione, cremazione e tumulazione ossia il dopo fine vita dei milioni di nostri amici a quattro zampe (solo il 29,4%).
“Sebbene la sensibilità sia aumentata negli ultimi anni, c’è ancora moltissimo da fare – ha dichiarato Antonino Morabito, responsabile nazionale Fauna e Benessere animale di Legambiente – Le Istituzioni potrebbero fare molto per i nostri amici a quattro zampe anche spendendo cifre contenute. In diverse città e Aziende sanitarie questo già avviene grazie a regole chiare e incentivanti unite a controlli efficaci e frequenti. La sinergia tra le diverse Istituzioni e tra esse e i privati, inoltre, risulta palesemente la condicio sine qua non per la miglior riuscita”.
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