La proposta di legge del Movimento 5 Stelle è stata discussa alla Camera e mira colmare un vuoto normativo e mettere nero su bianco il divieto di macellazione e consumo delle carni di cane e di gatto nel nostro Paese, come è stato fatto in altri.
Il regolamento per la vigilanza sanitaria delle carni (regio decreto 20 dicembre 1928, n. 3298), stabilisce che “la macellazione è consentita solo nei pubblici macelli e, a riguardo, si riferisce solo ai bovini, bufalini, suini, ovini, caprini ed equini. Quindi si possono mangiare il manzo, il bufalo, la mucca, il toro, il maiale, il cinghiale, le capre, gli agnelli, le pecore e i cavalli”.
Il regolamento però, “non fa riferimento ai leporidi e, se dovessimo ritenere l’elenco ‘chiuso’, non sarebbe legale mangiare coniglio e, allo stesso modo, dovrebbe essere vietato mangiare galline e polli. Poiché ciò non è vero e comunemente acquistiamo pollo e coniglio in macelleria, dobbiamo ritenere che l’elenco si riferisce solo a determinate macellazioni“, spiega il deputato Carmelo Misiti.
La proposta di legge di conseguenza vuole integrare le disposizioni della legge 20 luglio 2004 n. 189, sul divieto di maltrattamento degli animali, introducendo un articolo aggiuntivo che vieta la macellazione, detenzione, commercializzazione e consumo delle carni di cani e di gatti, punendo le violazioni con l’arresto da quattro mesi a due anni e un’ammenda da 5.000 a 50.000 euro per ciascun animale.
Sempre nell’ambito dei maltrattamenti agli animali, nella stessa pdl, il deputato M5S propone inoltre di rafforzare le norme sul divieto, già in vigore da anni in Italia, degli interventi chirurgici riguardanti il taglio della coda e il taglio delle orecchie. Il divieto riconosciuto da molti Paesi europei non viene tuttavia applicato in diversi Paesi dell’Europa dell’Est, che ‘esportano’ cuccioli con orecchie e code amputate, che “sono ammessi regolarmente in Italia con passaporto e vaccinazione antirabbica e nessuno può vietarne l’ingresso”. Allo scopo di impedire questa attività, la legge prevede sanzioni altrettanto severe con la reclusione da 4 mesi a due anni e multe da 5.000 a 30.000 euro (Adnkronos).
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