La Cassazione ha confermato la condanna nei confronti di un uomo che a Termini Imerese dava ospitalità, nel giardino di casa, ad alcuni randagi per somministrare loro del cibo. Un passante li aveva accarezzati e i cani, probabilmente non socializzati, lo avevano morso. Da qui le denunce e il calvario giudiziario culminato nell’incredibile provvedimento.
“E’ una sentenza di una gravità eccezionale, che evidenzia la totale inadeguatezza della magistratura verso le criticità del randagismo e le responsabilità dei sindaci, completamente ignorate e impunite – commenta Piera Rosati, presidente nazionale di Lega Nazionale per la Difesa del Cane – La suprema corte, anziché riconoscere come prevede la legge 281 del 1991, che il sindaco è la massima autorità sanitaria, il padrone di tutti i cani randagi sul territorio e che risponde dell’incolumità pubblica, ha invece scaricato sul privato cittadino le negligenze municipali, le inefficienze della veterinaria pubblica, un sistema che vede semmai colpevoli le autorità locali che non sterilizzano e non microchippano i cani di loro proprietà come obbliga la legge”.
La presidente della Lega del Cane ritiene la sentenza un incredibile ribaltamento della giurisprudenza, “dopo 26 anni si torna al Medioevo. Dell’incolumità pubblica è responsabile il primo cittadino, che invece resta impunito. Speriamo in una magistratura più illuminata e più avanti negli anni, nella cultura, nella presa d’atto che il mondo evolve. Sperando nell’evoluzione anche dei sindaci”.
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